Vincent van Gogh: segreti di esistenza e di pensiero
Giordano Bruno Guerri
professore di Storia contemporanea all´Universita´ G.Marconi di Roma
GIORDANO BRUNO GUERRI è nato in provincia di Siena. Tra i suoi libri, tradotti in molte lingue, ricordiamo: Antistoria degli italiani (1997),D’Annunzio. L’amante guerriero (2008), Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario (2009) e Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio(2010). Per Bompiani sono usciti L’arcitaliano. Vita di Curzio Malaparte (2008), Povera santa, povero assassino. La vera storia di Maria Goretti(2008), Follia? Vita di Vincent van Gogh (2009) e Giuseppe Bottai (2010).
È stato direttore editoriale dell’Arnoldo Mondadori Editore, direttore di “Storia Illustrata” e dell’“Indipendente”. Insegna Storia contemporanea all’Università Guglielmo Marconi di Roma, è consulente d’immagine Città di Pescara e Presidente del Vittoriale degli Italiani.
da “” FOLLIA ? vita di Vicent van Gogh “” (saggi Bompiani) di Giordano Bruno Guerri
Vincent van Gogh definì la sua vita come “la discesa infinita”.
E’ una bellissima definizione, perché il grande pittore ha vissuto la sua breve esistenza, anno dopo anno, in un modo sempre più dolente e doloroso. Allo stesso modo, anno dopo anno, mentre il suo spirito era eroso quasi fosse uno dei paesaggi che dipingeva, divorati da un sole implacabile e feroce, la sua arte divenne sempre più potente, unica e meravigliosa. Van Gogh può essere considerato il padre della pittura moderna: fece esplodere la forma e il colore, gettò il seme della pittura espressionista e addirittura dell’ arte astratta.
Era pazzo ?
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La sua è una vicenda straordinaria, la storia di un piccolo uomo che sfidò la società e la cultura del tempo e l’ universo intero, sicuro di vincere. E vinse, anche se vincere gli costava la vita. Una vita dissipata minuto dopo minuto in privazioni d’ ogni genere, fino al sacrificio finale, con una coerenza sostenuta solo da un’ incrollabile fede in se stesso. “La vita è breve per tutti, e il problema sta nel farne qualcosa di valore”, scrisse nel 1885. Della sua esistenza, prima ancora che della sua pittura, fece un’ opera d’ arte.
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Sentite la descrizione che dà di sé proprio in questo periodo: “Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente ? Una nullità, un uomo eccentrico e sgradevole, qualcuno che non ha posizione sociale né ne avrà mai una. In breve, l’ infimo degli infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero quello che c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno”.
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Lasciamo perdere la critica e leggiamo piuttosto una lettera di Vincent a Theo: ” Sai a che cosa penso molto spesso ? A quello che ti dicevo già molto tempo fa: che se anche io non riuscirò, sono convinto che ciò a cui ho lavorato verrà continuato. Non direttamente, ma non si è mai soli a credere nelle cose vere. E allora che importa che io sia personalmente un uomo di successo ! Sono talmente convinto che la storia delle persone è come la storia del grano: se non ci seminiamo in terra per germinare che cosa importa ? Ci macinano per diventare pane”. Quanto ai critici, van Gogh non voleva neppure che parlassero bene di lui, sicuro che anche nel bene non avrebbero capito: “Nella vita di un pittore il successo è praticamente la cosa peggiore che gli possa capitare”.
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All’una e trenta di notte, il 29 luglio, sviene e poco dopo, finalmente, muore. Due anni prima aveva scritto a Theo: “Noi artisti paghiamo un prezzo incredibilmente alto di salute, giovinezza, di libertà, delle quali non dobbiamo godere nulla, proprio come il ronzino che tira una carrozza di gente che godrà, loro sì, la primavera”.