Una vita ad alto rischio
Mario Mori1, Giovanni Fasanella2
generale dei Carabinieri1, giornalista parlamentare di Panorama2
Dalla presentazione di “”Una vita ad alto rischio”” a cura di Rosalba Schenal
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Il generale Mori è stato definito, da persone autorevoli, come l’unico vero Uomo d’ intelligence che l’ Italia abbia mai avuto (è un’ affermazione di Giovanni Pellegrino Presidente della Commissione parlamentare d’ inchiesta su stragi e terrorismo), come Servitore dello Stato efficiente e preparato (lo ha detto Rosario Priore giudice responsabile d’ inchieste: il rapimento e l’ assassinio di Aldo Moro, la strage di Ustica, l’ attentato a Giovanni Paolo II); come uomo che suscita straordinario interesse per la novità e la modernità delle sue tecniche investigative e per la cultura e la sensibilità personali (parole di Giovanni Fasanella coautore del libro “Ad alto rischio”.
Io, mi permetto, di affermare che, il generale Mori è stato un vero combattente contro il terrorismo interno ed internazionale e la grande criminalità organizzata italiana e straniera. Il libro “Ad alto rischio”, scritto con Fasanella, racconta la sua storia professionale ripercorrendo gli ultimi quarant’anni di storia italiana, è un libro avvincente e per certi aspetti sorprendente, assolutamente da leggere.
Mario Mori nasce a Postumia grotte nell’allora Venezia Giulia Italiana. Frequenta l’ Accademia Militare di Modena e la Scuola Ufficiali dei Carabinieri. Il suo primo incarico, da tenente, è il Comando di una compagnia del Battaglione Carabinieri di Mestre e poi della Tenenza di Villafranca. Promosso capitano, per tre anni svolge servizio al SID (il vecchio servizio segreto militare), quindi al Nucleo radiomobile di Napoli.
Il 16 marzo 78, il giorno del sequestro Moro, viene nominato Camandante della Sezione Anticrimine del reparto operativo di Roma. In seguito è per due anni presso lo Stato maggiore dell’Arma.
Nel 1986 assume il comando del Gruppo Carabinieri di Palermo.
Il 3 dicembre 1990 nasce il ROS, il ten.col. Mori è uno dei fondatori.
Nel 1998, con il grado di Generale ne diverrà il Comandante.
Dal gennaio 99, per due anni, comanda la Scuola Ufficiali Carabinieri.
Nel gennaio 2001 prende il comando della Regione Carabinieri Lombardia, che manterrà fino al primo ottobre dello stesso anno, quando è nominato Prefetto e Direttore del SISDE (servizio segreto civile).
da “”Ad alto rischio”” di Mario Mori e Giovanni Fasanella
Perché da noi gli investigatori più bravi, quelli che ottengono risultati e mirano al bersaglio più grosso, rischiano sempre di fare una brutta fine
capitolo 2° – “con Carlo Alberto Dalla Chiesa”
Lo stesso giorno del sequestro Moro, venni trasferito dal Gruppo Carabinieri di Napoli al Comando della Sezione Anticrimine di Roma, un’ unità
alle dirette dipendenze di Dalla Chiesa, destinata a operare nella capitale e nell’Italia Centrale. Di quei cinquantacinque giorni del sequestro, fra le tante, conservo due immagini davvero indelebili. La prima è davvero sconcertante: l’ assoluta impreparazione dello Stato di fronte al nemico, a tutti i livelli, la sua incapacità e impotenza. La seconda è della mattina del 9 maggio, il giorno in cui venne trovato il cadavere di Moro nel bagagliaio del Renault rossa, parcheggiata in via Caetani. Pur nella tragedia, è un’ immagine positiva, l’ unica di quei terribili cinquantacinque giorni. E’ quella dei “due ministri dell’ Interno” : il democristiano Francesco Cossiga, quello vero, e il suo “alter ego” comunista Ugo Pecchioli, che si occupava dei problemi dello Stato per il suo partito. Li vidi per la prima volta insieme proprio il 9 maggio, quando fu aperto il portellone posteriore della Renault e si intravvide il volto dell’ onorevole Moro. Pur appartenendo a due partiti che si erano combattuti per decenni, in quel momento, nella
percezione dei presenti, quei due politici rappresentavano lo Stato, che era lì e mostrava di voler prendere in mano con fermezza la gestione delle operazioni. Freddo ed essenziale nel suo abito scuro, istituzionale, Pecchioli non lasciava trasparire emozione o nervosismo. Cossiga, invece, coinvolto anche dal punto di vista affettivo e psicologico per la sua antica e fraterna amicizia con Moro, era in preda a una forte emozione: appoggiò la testa al muro dell’ adiacente palazzo Antici Mattei ed esplose in un pianto sommesso e prolungato.
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Capitolo 7° “Mafia e appalti””
La <<madre di tutte le battaglie>>, a giudicare dalle conseguenze che avremmo subito io e i miei uomini negli anni successivi, cominciò in modo del tutto casuale il 13 giugno 1988. Quella notte, nella zona di Baucina, un piccolo comune del Palermitano, venne ammazzato Barbaro La Barbera, un allevatore con qualche interesse nel settore dell’ edilizia. Un boss di poco peso, almeno così sembrava. Ma chi poteva immaginare quali retroscena ci fossero dietro un episodio all’apparenza secondario; e che l’ inchiesta su quel piccolo fatto di mafia avrebbe condizionato la mia vita e quella dei miei ufficiali per così tanto tempo ? E la condiziona ancora oggi, in questo momento, mentre le sto raccontando la mia storia.
Capitolo 8° “IL ROS”
Vede, c’è una cosa che voglio dirle. Ed è molto importante. Il modo di essere e di agire di noi del ROS, liberamente scelto, nella quotidianità della nostra professione, ci ha messo talvolta di fronte a situazioni in cui siamo stati costretti a confrontarci con la nostra coscienza. Bene, oggi mi sembra di poter dire che, tutto sommato, siamo rimasti coerenti con noi stessi e fedeli ai nostri principi originari. Con una battuta, non ci siamo fatti mancare proprio nulla. Dalle feroci e continue polemiche giornalistiche, agli attacchi che ci sono stati portati, a turno, da esponenti politici di tutte le tendenze. Dagli innumerevoli e prolungati procedimenti giudiziari, agli avvertimenti mafiosi e non solo … Tutto frutto di indagini non condotte nel solco dell’ortodossia ma, seppure con i limiti propri della fallibilità umana, sempre mirate a scoprire le verità, anche quelle scomode e che potevano far male. Eppure, malgrado ciò, ci sono tanti italiani che ci riconoscono buona fede e onestà, ci stimano. E questo a noi basta. In fondo, anche grazie al contributo di tanti colleghi della prima ora che ancora vi operano, il ROS continua a vivere e svolge quotidianamente un lavoro qualificato e prezioso per la nazione.
Mi perdoni questa disgressione. Ma era necessaria per farle meglio comprendere lo stato d’animo mio e dei miei uomini.
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<<E’ finito tutto !>> Ricorda ? Fu la frase pronunciata dal consigliere istruttore di Palermo Antonino Caponnetto dopo l’ attentato di via D’ Amelio. Un’ espressione di umano dolore scambiata per una dichiarazione di resa. E poteva sembrare così, in effetti. Caduto anche Borsellino, ci fu una paralisi dell’ attività investigativa, avemmo tutti la sensazione di essere ancora più soli. Lo Stato appariva allo sbando e nessuno mostrava di essere in grado di prendere in mano la situazione. Fu terribile. Soltanto una volta mi era capitato di provare quella stessa sensazione. Era stato dodici anni prima, nel dicembre 1980, quando il generale Enrico Galvaligi venne assassinato dalle Brigate rosse, a Roma. Anche in quel frangente mi parve che l’ Italia fosse sul punto di sfaldarsi. Non ci lasciammo abbattere allora. E resistemmo anche dopo la morte di Borsellino. Pensammo che la dignità professionale degli uomini del ROS e il debito di riconoscenza nei confronti di colleghi e magistrati uccisi esigessero una moltiplicazione del nostro impegno cercando nuovi strumenti operativi, adeguati al livello dello scontro.
Capitolo 9° “L’arresto di Totò Riina”
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Tutto questo è scritto in quella sentenza. Eppure, lo stesso magistrato che in quel processo aveva sostenuto l’ accusa e che poi aveva rinunciato a ricorrere in Appello, oggi continua la polemica contro di noi. Su quegli stessi fatti, senza che siano emersi elementi nuovi tali da poter mettere in discussione l’ esito del processo. Arrestammo Riina. Volevamo e potevamo colpire al cuore la struttura di Cosa nostra, ma decisioni incomprensibili ce lo impedirono. Addossarono a noi la colpa. Ci processarono. Venimmo assolti. Eppure, a tanti anni di distanza, non ci viene ancora resa giustizia. Ma che paese è, questo ?
Le foto dell’incontro:
IL LIBRO DI GIOVANNI FASANELLA
Ad alto rischio. La vita e le operazioni dell’uomo che ha arrestato Totò Riina
“Mario Mori, generale dei Carabinieri. All’opinione pubblica il mio nome probabilmente dirà qualcosa. Evocherà dei ricordi, vicende per certi aspetti anche spiacevoli di cui si è molto scritto sui giornali e parlato nelle aule giudiziarie. La mia, però, è una storia lunga. Da raccontare. E quella di un militare e dei suoi uomini che hanno combattuto per quarantanni terrorismo e mafia. Nei reparti d’eccellenza dell’Arma. E ai vertici dell’intelligence, quei Servizi segreti in Italia sempre così chiacchierati.” Scritta con Giovanni Fasanella, questa è la straordinaria storia “professionale” di un uomo che è stato al centro di tutti i grandi eventi italiani.