Petrolio e potere: il grande gioco
Alessandro Grossato
geopolitico ed orientalista – Universita’ di Trento
da “”IL GAZZETTINO “” di domenica 15 aprile 2012 intervista a cura di Daniela De Donà
ad Alessandro GROSSATO
C’è chi sostiene che l’ esempio dell’ Iraq abbia dimostrato che il modello della guerra per il petrolio non funziona più.
<< In realtà la lotta all’accaparramento delle fonti petrolifere non è mai stata così sfrenata come nell’ultimo anno, con il rischio sempre crescente di nuove terribili guerre. In Sudan si sta aprendo un conflitto proprio a causa del petrolio >>.
Cambiano gli scenari e l’ Africa diviene sempre più teatro della corsa al petrolio.
<< Una corsa per ora vinta dalla Cina, con contratti di estrazione in Gabon, Nigeria e Congo. In Sudan i cinesi gestiscono pozzi per 400mila barili, pari al 10 per cento della produzione. L’Angola, quarta per riserve tra le nazioni africane, ha aumentato la produzione di circa il 15 per cento in 10 anni e ha con Pechino uno scambio commerciale che supera i 210 miliardi di dollari>>.
Pare che in Libia solo la guerra sia riuscita a frenare la ricerca di giacimenti.
<<Anche qui il petrolio ha giocato un ruolo decisivo. Basta osservare da vicino la composizio-ne dell’attuale governo rivoluzionario: Abdularhman Ben Yezza, executive manager dell’ Eni, è stato nominato a capo del Ministero del petrolio, mentre Hassan Ziglam, petroliere, è stato assegnato alle Finanze. Lo stesso primo Ministro Abdurrhaim El-Keib può vantare una lunga car- riera in organizzazioni come la British Petroleum (Bp), la francese Total, e ancora Shell, Japan Oil Development Company e Abu Dhabi National Oil Company >>.
Che dire dell’ Iran, terzo produttore al mondo ?
<< Teheran blocca l’ export di greggio per lanciare la sfida all’ Occidente che sanziona il suo programma nucleare. Per Ahmadinejad l’ economia iraniana può farcela anche senza l’ esportazione del petrolio >>.
da “”IL GAZZETTINO “” di domenica 22 aprile 2012 a cura di Daniela De Donà
Il picco delle riserve petrolifere è stato raggiunto e superato. E siamo al declino, << così tra quarantacinque anni il petrolio sarà finito >>. Alessandro Grossato – geopolitico, orientalista, storico delle religioni, docente all’ Università di Trento – non ha mezze misure nell’offrire con grafici e cartine la panoramica mondiale a proposito dell’ oro nero. Numeri che si commentano da soli: un barile di greggio nel 2003 costava 30 dollari, nel 2006 75 dollari, nel 2008 100 dollari e oggi 118. E il vicino Oriente ricopre il 66% della produzione mondiale. Dell’ intreccio tra petrolio e potere Grossato ha parlato ieri nell’incontro organizzato dall’asso- ciazione LiberalBelluno, toccando numerosi nervi scoperti: a cominciare dall’Asia che si sta smarcando dall’Occidente. << Tanto che le vicende dei due italiani rapiti e dei Marò prigionieri in India non sono casuali: rientrano nel fondale di un avvertimento all’Europa >>. Grossato indica la bandiera tricolore alle sue spalle che, come precisato dalla presidente Rosalba Schenal, << ha proprio lo scopo di ricordare i due soldati italiani >>. Ecco nell’analisi di Grossato la chiave di volta, di molti prossimi equilibri, sta tutta nella << tenuta della fedeltà dell’ India, che ora ha il piede in due staffe, strattonata tra Cina e Occidente >>. Ma in pista, nella corsa energetica, ci sono pure la Russia con Gazprom e, da non sottovalutare, l’ Africa: << sfruttata dalla Cina che vi si approvvigiona per un terzo del suo fabbisogno >>. Grossato certo non ha offerto prospettive rosee: << si arriverà all’accattonaggio energetico e l’ Occidente dovrà scegliere se mendicare il petrolio o conquistarselo con la guerra >>. Punto nevralgico di un conflitto potrebbe rivelarsi lo stretto – che è strettissimo – di Hormuz, tra Iran e Oman. Siamo sulla rotta delle petroliere: << Se là, anche volontariamente, si affonda una nave, è un disastro: si blocca tutto >>.
Biblioteca: