L’ordine di Mosca: fermate la Biennale del Dissenso. Una storia mai raccontata
Carlo Ripa di Meana
presidente Biennale di Venezia
da “” IL GAZZETTINO “” di martedì 20 maggio 2008 a cura di Daniela De Donà
Carlo Ripa di Meana che sabato sarà ospite di Liberal, svela i retroscena della Biennale di Venezia che nel 1977 diede voce ai sovietici dissidenti.
<< IL PATRIARCA LUCIANI MI DISSE: ” Avanti così ” >>
L’ europarlamentare: << Da Mosca arrivò il niet e il Pc subito si adeguò. Ma erano contrari anche gli industriali >>.
<< Avanti così, che Dio la protegga >> Parole nette con cui l’ allora Patriarca di Venezia Albino Luciani incoraggiava Carlo Ripa di Meana, presidente della Biennale di Venezia, a tenere duro. Era il 1977. E il riferimento andava ad una questione caldissima, intrecciata di risvolti culturali, economici, politici. Perché Ripa di Meana propose – e allestì – una Biennale che voleva dare voce ad artisti sovietici ” senza potere “. Grafici, musicisti, cantautori, poeti, registi. Ma arrivò forte il niet da Mosca: << Fermate la Biennale del dissenso >>. A mettere il bastone fra le ruote non fu solo il Pc, che si adeguò alla furente reazione anche diplomatica dell’ Urss. Insieme alla Cgil veneziana (ma si dissociò Pier Carniti) pure il grosso degli intellettuali italiani si chiamò fuori.
Ecco che suonò coraggioso il messaggio che il futuro Papa Giovanni Paolo I, nativo di Canale d’ Agordo, fece recapitare al presidente Ripa di Meana da don Germano Pattaro e da Floris Ammannati. Ad entrare fra le pieghe di questa storia mai raccontata sarà lo stesso Carlo Ripa di Meana, ospite alle 18 di sabato 24 maggio di Liberal, presieduta da Rosalba Schenal. Nella sala Muccin del Centro Giovanni XXIII l’ ex commissario europeo alla cultura e all’ ambiente ( 1985-92 ), ministro dell’ ambiente, europarlamentare fino al 1999, presidente della Biennale di Venezia ( 1974-78 ) e past-president di Italia nostra sarà introdotto da Maurizio Cerruti, caporedattore esteri de Il Gazzettino di Venezia. A Belluno l’ europarlamentare è stato più volte ( << quando non c’era il viadotto e c’erano le curve del Fadalto da percorrere >> ). Ne porta un bel ricordo e ci torna volentieri perché << è città serena che rappresenta un Veneto non ciacolone e lussuoso >>.
Ma perché tante difficoltà per la Biennale del dissenso che si aprì con un video clandestino inviato da Andrej Sacharov ?
<< Si turbavano le buone relazioni con l’ Unione Sovietica in un periodo in cui l’ Italia stava investendo molto. Contrari e agguerriti più di tutti, insomma, si mostravano gli industriali. Erano gli anni della Fiat a Togliattigrad e dell’ Olivetti che aveva avuto la commessa per tutta la parte informatica delle Olimpiadi di Mosca. Ma anche la Snia aveva forti legami con l’ Urss e due petroliere erano appena state ordinate al cantiere navale di Marghera >>.
Eppure il rigoroso cardinal Luciani non ebbe dubbi nell’esternarle l’ appoggio. << A dire il vero qualche anno prima mi mise in riga, con una predica da San Marco. Condannò la Biennale che aveva proposto un pamphlet abortista della Maraini e i nudi degli Autosacramentales di Calderon. Con fare timido Luciani mi disse poi << Ho dovuto farlo Presidente, perché io sono un pastore e molti fedeli mi avevano detto di essere disorientati e confusi. Io capisco che lei deve scrutare il nuovo, ma le anime semplici non devono essere aggredite >>.
Andiamo al suo impegno politico. Nel 1996 i Verdi italiani, con Ripa di Meana leader, vinsero le elezioni in alleanza con l’ Ulivo. Diversi dai Verdi di oggi da cui lei ha preso le distanze ?
<< Io sono ancora molto sensibile ai problemi ecologisti. Ma è un fatto che, soverchiati da Pecoraro Scanio, ora i Verdi pur proseguendo su tematiche di ispirazione culturale ecologista sono divenuti una costola del post-comunismo. Si sono ibridati con l’ estrema sinistra e i centri sociali >>.
Una domanda sulla vita privata che lei ha svelato nella sua biografia ” Cane sciolto “. Sempre col piglio del gentiluomo Ripa di Meana ha alle spalle una vita ricca di donne, amate anche in contemporanea. Solo nella maturità in Marina ha trovato l’ amore che dura.
<< Non sono mai stato un barbablù o uno sciupafemmine. Le donne mi sono sempre piaciute ed è vero che ne ho conosciute tante di interessanti e poetiche. Ma nessuna aveva la formula ” in diretta ” che mi conquistava. Perché il talento di essere veraci è rarissimo. Spesso nelle donne, infatti, c’è un lavorio tattico su come stare al mondo. Così non è Marina che, istintiva, non si perde nei chiaroscuri e nelle sfumature >>.
da “” IL GAZZETTINO “” di domenica 25 maggio 2008 a cura di Daniela De Donà
<< A PARIGI CRAXI ENTRO’ E MI DISSE: hanno fatto fuori Papa Luciani >>
Il Patriarca di Venezia, Albino Luciani, divenne Papa il 28 agosto 1978. Carlo Ripa di Meana, che ieri era ospite di Liberal per parlare della Biennale del dissenso da lui organizzata nel 1977, conosceva bene il cardinale nativo di Canale d’ Agordo. E ha ricordato alcuni particolari di quei giorni di pontificato. << L’ elezione fu sorpresa generale oltreché sua – sono parole dell’ ex ministro dell’ ambiente, europarlamentare e presidente della Biennale di Venezia – dopo dieci giorni chiamò in Vaticano per un’ udienza speciale i responsabili della città di Venezia ed alcuni amici. C’ero anch’ io con Bruno Visentini che, ridacchiando nello scrutare la delegazione della Serenissima, mi disse << Tu ed io caro Carlo qui in mezzo semo i massa spirituali. Vedo solo affaristi e miscredenti. Speremo che il Sant’ uomo non scelga i collaboratori fra questi >>. Carlo Ripa di Meana ripensa quel Papa che << sedendo in punta sul tronetto parlò così quietamente >>. E un’ immagine ha ancora negli occhi di quell’ incontro di trent’ anni fa: << Dalla manica bianca sinistra gli sbucava un orologio giapponese di gomma nera, spesso, digitale, waterproof >>. Quando arrivò il suo turno il neopontefice ( ” con un sorriso incredulo ” ) benedì il presidente della Biennale che anni prima aveva apostrofato per aver portato a Venezia spettacoli di nudi ed abortisti, ma che aveva pure avuto il coraggio di spronare ad allestire la Biennale sul dissenso nei Paesi dell’ Est. A colpire, nel racconto di Ripa di Meana, è infine il modo in cui gli venne annunciata la morte di Luciani. Si trovava all’ hotel Sheraton di Parigi per un’ Internazionale socialista convocata da Willy Brandt. Erano le sette del mattino quando Bettino Craxi e Spartaco Vannoni lo svegliarono: << Mi dissero ” è morto il Papa, lo hanno fatto fuori ! “. Io non mi occupai in quelle prime ore dell’ ipotesi rinascimentale dei veleni, né pensai a Marcinkus, né alle tradizioni ribalde della Curia. Mi venne solo in mente la timida grazia di un uomo conservatore e pio che, a modo suo, mi aveva conquistato >>.
<< QUANDO I RUSSI CERCARONO DI FERMARE LA BIENNALE DEL ‘ 77 >>
Un episodio poco noto raccontato da Carlo Ripa di Meana, all’ epoca presidente della manifestazione culturale di Venezia.
<< Quella Biennale di Venezia fu come il battito di farfalla che provoca il tornado >>. Così Maurizio Cerruti, caporedattore esteri de Il Gazzettino, ha sintetizzato ieri la valenza dello evento culturale datato 1977: << Perché fu un confronto fra potere e libertà delle idee e se ne accorsero per primi i sovietici che mobilitarono per fermarla servizi segreti e diplomazia >>. Presidente della Biennale era Carlo Ripa di Meana che ieri, ospite di Liberal, presieduta da Rosalba Schenal, ha ripercorso l’ atmosfera che si respirava in Italia quando propose – vincendo a fatica la battaglia – di organizzare un’ edizione incentrata su poeti e artisti che nei Paesi dello Est erano considerati ” diversamente pensanti “: << Era la stagione del regolamento di conti dopo il ‘ 68 in cui i movimenti di sinistra non riconoscevano più al Pci italiano il suo paterno ruolo di garanzia e riferimento – è andato giù l’ ex europarlamentare – a Venezia si propose di offrire spazi e lavoro istruttorio per convocare le voci note e riconosciute di quel dissenso invincibile perché basato sulla volontà di uscire dalla menzogna. Ma l’ Italia si girò su se stessa per un regolamento di conti ideologico >>. Intellettuali e industria. L’ Università temeva che, per ritorsione, gli studiosi italiani sarebbero stati esclusi dagli archivi e dalle biblioteche sovietiche, mentre Snia Viscosa ( proprietaria di palazzo Grassi ), o Olivetti ( che aveva la commessa per le Olimpiadi del 1980 a Mosca ) puntavano a mantenere la distensione economica. Ripa di Meana faticò sette camicie per aprire, sulla scia degli accordi di Helsinki, il varco alla intellighenzia dissidente dell’ Est. Il blocco era duro, anche perché i letterati italiani: << Un esempio ? La Ddr non volle pubblicare ” Se questo è un uomo ” di Primo Levi perché vi erano dei passi che mettevano in cattiva luce i detenuti comunisti e l’ armata russa >>. Sempre sul fronte editoriale altro episodio: << Con pressioni su Giulio Einaudi, Vito Laterza e Cesare Pavese si ottenne che non fosse stampato ” Il fiore del verso russo ” perché conteneva autori non graditi alle autorità di Mosca >>. Dall’incontro è uscito lo spaccato di una storia, poco nota, di ieri. Ma pure una speranza. L’idea di osare vale anche oggi: << Sul Darfur o sulla Birmania c’è bisogno della stessa attenzione, nello stesso spirito del dissenso – ha precisato Ripa di Meana -. Lo scopo è lo stesso, in fondo: esaltare le libere ragioni rispetto a chi << ha la presa totalitaria sugli animi >>.
I LIBRI PRESENTATI :
<< CANE SCIOLTO >>
di Carlo Ripa di Meana (Ed. KAOS )
<< Ci sono momenti in cui mi sento solo … Tentando un bilancio, come ogni essere umano, ho bisogno di ricordare i dolori che non mi danno pace, quasi che evocandoli si riduca la loro orma. Non sento né vedo le mie due figlie Barbara e Oliva, non ci parliamo. Non vedo quanto vorrei le mie sorelle Orietta, Ludovica, Daria, Gabriella e mio fratello Saverio. Non vedo né sento mio fratello Vittorio. Ho perduto degli amici perché erano stanchi. Così si sono interrotte vite in comune durate decine di anni. I momenti di estasi, quasi in equilibrio terapeutico con i dolori, sono stati frequenti negli ultimi anni. Ho provato felicità quando a Venezia e a Roma sono stati risparmiati i ” grandi eventi ” che i potenti pro tempore avevano proposto. Mi sono sentito utile, libero e fedele alle nostre idee quando con Marina, mia moglie, l’ unico grande amore della mia vita, ho fatto quello che si doveva fare contro il nucleare, per fermare la crudeltà sugli animali, per riaprire a picconate la via Krupp a Capri, per aiutare a spegnere l’ incendio sul monte Solaro. Sono felice quando ogni anno qui in Umbria tagliano la lavanda, la legano in mazzi che impregnano tutte le stanze della casa …>>
<< L’ ORDINE DI MOSCA – Fermate la Biennale del dissenso >>
Una storia mai raccontata
di Carlo Ripa di Meana e Gabriella Mecucci con prefazione di Renzo Foa
Dalla prima di copertina:
Mosca fece di tutto per bloccare la Biennale del Dissenso che si svolse nel 1977 a Venezia e che rappresentò il primo vero atto di sostegno politico e culturale, compiuto in Italia, nei confronti di coloro che resistevano in Urss e nei Paesi comunisti. Ci fu un braccio di ferro politico e diplomatico. Da un lato il Cremlino – come risulta da documenti segreti e inediti sovietici, americani e tedeschi – esercitò ogni forma di pressione e di ricatto sul governo di Roma, sulle forze politiche e sul Pci, che cambiò il suo atteggiamento iniziale: prima disse sì alla manifestazione, poi sotto l’ incalzare di Mosca la osteggiò duramente. Dall’ altro lato, soprattutto il sostegno di Bettino Craxi e dei socialisti consentì a Ripa di Meana di portare a compimento l’operazione e di superare gli ostacoli eretti dal mondo culturale italiano e dalle grandi imprese automobilistiche, tessili ed elettroniche del tempo impegnate nella sterminata Urss.
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