Le peripezie di un giornalista costretto a fare lo 007
Renato Farina
editorialista di Libero
da “”RENATO FARINA ALIAS AGENTE BETULLA”” storia di uno 007 italiano
(Ed. Piemme) di Renato Farina
< Il mio amico Dreyfus e Napolitano …>
…. Dreyfus era – come è noto a tutti – un ebreo perseguitato per ragioni politiche, per un tradimento inventato. Alfred Dreyfus: alsaziano di origine tedesca, ufficiale dell’ esercito francese, era stato accusato nel 1894 di aver trasmesso ai tedeschi documenti decisivi per la sicurezza patria. Condannato, degradato, la spada spezzata mentre i commilitoni gli voltavano la schiena finì all’Isola del Diavolo. Siamo a fine Ottocento. Il giornalismo politico nacque dal suo caso. Alla fine ebbe la Legion d’ Onore: perché la verità si fece strada. Era stato difeso dall’anticlericale Zola e dal cattolico Péguy. L’ onta peggiore che subì la scrisse sul suo quaderno, citando una frase di Iago, tratto dal terzo atto dell’ Otello di Shakespeare: < Chi mi ruba la borsa, ruba un gingillo che vale qualcosa, ma non è nulla, che era il mio e adesso è il suo ed è stato di mille altri; ma colui che mi froda del mio buon nome mi priva di ciò che non arricchisce lui e impoverisce me >> …
< Betulla e Imad fanno sapere all’ Italia come muore un italiano >
… Sono in auto. E’ passata l’ una. Imad al cellulare: << Ascolta: io non so che mestiere facesse Quattrocchi. So che voi italiani dovreste essere orgogliosi per come è morto >>. Mi sono appuntato queste parole …
Ecco che cosa uscirà su < Libero > del 16 aprile, in prima pagina.
Abbiamo chiesto a Imad El Atrache, capo dei servizi esteri di Al Jazeera di raccontare gli ultimi momenti della vita di Fabrizio Quattrocchi e le convulse ore che hanno segnato la diffusione della notizia. El Atrache tiene a sottolineare con forza che questo articolo esprime soltanto il punto di vista di chi l’ ha scritto e non coinvolge la televisione per cui lavora.
Ho telefonato, in Italia era da poco passata l’ una di notte, a Renato e gli ho detto: << Io non so che lavoro facesse in Iraq Quattrocchi. Ma era un uomo di coraggio, di grande coraggio. E’ morto con dignità e forza. Sapeva di morire, non ha chiesto pietà ne sono ammirato >>.
di Imad El Atrache
< Il capo dei servizi segreti insegna la sua arte a Betulla >
… Spero se la sia cavata. Di certo a causa dell’ amicizia con me e con l’ Italia, fidandosi delle sue autorità, paga un prezzo pazzesco. Nell’ambiente giornalistico in Italia lo conoscono tutti. E tutti dicevano, ridacchiando: << Ah – ah – ah ! Imad ! ? >>, prendendolo per il solito povero arabo in po’ sbruffone e vanesio. Balle. Qualcuno dovrebbe dargli la cittadinanza onoraria italiana. Dargli un cavalierato, una patacca. Una certezza.
< Betulla abbandona la congrega dei giornalisti con un meraviglioso biglietto pieno di speranza >
Mia moglie mi passò un foglietto per convincermi a lasciare la congrega che mi detestava. Lo tengo nel portafogli. Mi dà un grande coraggio.
<< Pur restando in questo Paese non desidero più stare con voi … Portate pure il fardello di uomini grigi, fate quello che siete abituati a fare: strangolate, perseguitate, non date tregua. Ma senza di me. Restituisco la tessera n. 1471 >> (Georgij Vladimov si dimette dall’unione degli scrittori dell’ Unione Sovietica). La mia non ricordo che numero aveva, ma mi dispiacque. Ero arrivato primo tra i lombardi all’esame del 1980. Mi regalarono un registratorino. Non gli sono bastate le mie dimissioni. Mi hanno inseguito anche da morto, per timbrarmi con l’ infamia. Mi colpisce l’ odio. intanto però il cane Burro ha infilato il suo musone tra le mie braccia che pigiano sulla tastiera, e capisco che l’ angelo custode vuole che dorma in pace. A nanna, Betulla, che è autunno e cadono le foglie.