Prosegue il ciclo de I Grandi incontri di Liberal Belluno, l’associazione culturale presieduta da Rosalba Schenal. Sabato 17 ottobre alle ore 17.30, nella sala teatro del Centro congressi Giovanni 23mo di Belluno sarà la volta di Toni Capuozzo, per la presentazione del suo libro “Il segreto dei marò”.
Capuozzo inizia la sua carriera di giornalista scrivendo dell’America Latina su Lotta Continua. Poi passa al quotidiano Reporter e ai periodici Panorama Mese ed Epoca. Durante la Guerra delle Falkland (1982) intervista il grande scrittore Jorge Luis Borges. Per Mixer di Minoli si occupa di mafia. È inviato per la trasmissione L’istruttoria. Collabora con Tg4, Tg5 e Studio aperto del Gruppo Mediaset, con reportage delle guerre nell’ex Jugoslavia, i conflitti in Somalia, in Medio Oriente e in Afghanistan. E’ vicedirettore del Tg5 fino al 2013, dal 2001 cura e conduce Terra!, settimanale del TG5 per dieci anni e poi in onda su Retequattro, sotto la direzione di Videonews. Ha tenuto inoltre, su Tgcom24, la rubrica Mezzi Toni.
Lo abbiamo intervistato sul caso dei due marò.
I fatti
Il 15 febbraio 2012 e la petroliera italiana Enrica Lexie si trova al largo della costa del Kerala, India sud-occidentale, in rotta verso l’Egitto. A bordo ci sono 34 persone, tra cui sei fucilieri del II Reggimento San Marco col compito di difendere la nave da eventuali assalti dei pirati. Intorno alle 16.30 si verifica l’incidente. Il peschereccio indiano St. Antony, che trasporta 11 persone, viene colpito da spari di armi da fuoco. Muoiono due pescatori Ajesh Pinky (25 anni) e Selestian Valentine (45 anni). Il peschereccio riferisce alla guardia costiera indiana del distretto di Kollam, che contatta via radio l’Enrica Lexie chiedendo se sia stata coinvolta in un attacco pirata. Dalla petroliera italiana confermano e quindi viene loro richiesto di attraccare al porto di Kochi. La Marina militare italiana ordina al capitano della Enrica Lexie Umberto Vitelli di non dirigersi verso il porto e di non far scendere a terra i militari italiani. Ma Vitelli è un civile che risponde agli ordini del suo armatore e quindi esegue le direttive ricevute e attracca al porto indiano.
Il 17 febbraio 2012 i due pescatori indiani vengono sepolti e la nave italiana viene posta in stato di fermo. Il 19 febbraio 2012 i due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono arrestati con l’accusa di omicidio. La Corte del Kollam dispone che i due marò siano tenuti in custodia presso la guesthouse della Central Industrial Security Force indiana invece che in una normale prigione.
– L’autopsia dall’anatomo patologo K. S. Sasika rivela che il proiettile estratto dal cervello di Jalestine (uno dei due pescatori) ha un’ogiva di 31 millimetri, una circonferenza di 20 millimetri alla base e di 24 nella zona più larga. Ossia un calibro 7,62 mm per una lunghezza 31 millimetri. Che secondo gli esperti corrisponde alla cartuccia 7,62x54R ex sovietica della mitragliatrice PK. Nulla a che vedere quindi con il 5,56×45 (223 Regminton) dei fucili Beretta AR 70/90 in dotazione ai marò della Marina militare italiana. Questo da solo è sufficiente a scagionare Latorre e Girone dall’accusa di aver ucciso i due pescatori. E allora perché sono ancora trattenuti in assenza di prove?
Vero, dovrebbe bastare questo a confermare l’innocenza dei due marò. Ma pochi giorni dopo l’autopsia, agli inizi di aprile gli inquirenti indiani fanno una perizia balistica, in assenza di un qualche perito della difesa. E i proiettili trovati nel corpo dei due poveri pescatori diventano inspiegabilmente calibro 5,56, quello delle armi dei marò. Il professor Sasikala, smentito, si chiude nel silenzio e rifiuta di rispondere alle domande che gli rivolge Lorenzo Bianchi, un giornalista del Quotidiano Nazionale. Non è l’unica correzione in corsa: l’incidente nel quale muoiono i due pescatori, che è avvenuto, nelle prime testimonianze, alle 21.20 della sera, viene anticipato alle 16.30, così da farlo coincidere con quello toccato alla nave italiana. Fatto il teorema – i marò sono colpevoli – si sono aggiustate le prove.
– Perché il governo italiano ha concordato con i legali dei parenti delle vittime un accordo economico extra-giudiziario, col consenso dell’Alta Corte del Kerala in forza del quale sono stati pagati alle due famiglie dei pescatori uccisi 10 milioni di rupie ciascuna, pari ad un totale di quasi 300.000 euro? Questo non si traduce in una ammissione di colpa che danneggia la posizione processuale dei due marò?
Certo: cosa avrebbe dovuto pensare l’opinione pubblica indiana, e che cosa quella italiana, davanti a questo risarcimento ? Chi rompe paga, e dunque gli italiani sono colpevoli. In realtà è stata una mossa maldestra e suicida, fatta per calmare le acque, in una strategia politica e diplomatica convinta che tutto potesse finire a tarallucci e vino, a patteggiamenti e compromessi. Ovviamente non è in discussione il diritto delle famiglie dei pescatori ad essere aiutate. Ma la giustizia che spetta alle vittime del 15 febbraio non può accontentarsi di due colpevoli a caso,
– Alla luce della perizia balistica che scagiona i marò, si ha l’impressione che qualcuno in India abbia voluto fare il furbo. Ed abbia ragionato in questo modo: non sappiamo chi ha sparato, oppure sappiamo che sono dei pirati dai quali non si ricava nulla. Ma c’è una nave mercantile italiana nei paraggi che potrà certamente risarcire i danni. Incastriamo questa. A parte la semplificazione ti sembra verosimile questa ricostruzione?
Sì, la questione dei risarcimenti è presente anche nella documentazione che l’India ha presentato al Tribunale del Mare di Amburgo, prima che quella corte decidesse di “congelare” la situazione, fermando ogni iniziativa giuridica indiana ma lasciando Girone a Delhi. Però bisogna tenere presenti altri fantasmi che stanno dietro questa vicenda: la possibilità che la morte dei due pescatori sia avvenuta per “fuoco amico”, in uno scontro tra i pirati che puntavano a una nave mercantile e la Guardia Costiera, e dunque si dovessero trovare dei colpevoli a caso. Poi c’è tutta la questione della strumentalizzazione politica dell’incidente, che avviene mentre in Kerala è in corso una campagna elettorale decisiva per le sorti del governo. E i “killer italiani” diventano un terreno di battaglia tra la maggioranza di Sonia Gandhi e l’opposizione nazionalista che non le ha mai perdonato le sue origini italiane.
– Anche l’India sa di avere tra le mani un caso pasticciato, con deposizioni copia-incolla dei testimoni e prove farlocche. Non è strano, infatti, che abbiano riservato ai due marò un regime carcerario “di favore” perché non li hanno mai rinchiusi nelle loro carceri.
L’India ha sempre trattato con dignità i due marò, pur accusandoli ingiustamente. Ma il pasticcio dell’impianto accusatorio spiega piuttosto il fatto che l’india non sia mai arrivato non dico a tenere un processo, ma neppure a spiccare un’ imputazione contro i due marò, che sono rimasti degli eterni indiziati. E questo a sua volta, spiega secondo me i permessi generosamente concessi ai due: avrebbero potuto dire loro di farsi raggiungere dalle famiglie, al primo Natale, e di votare in ambasciata al secondo permesso. In realtà credo proprio che l’India sperasse che ce li saremmo tenuti, i due fucilieri. Avrebbe fatto polemiche e fuoco e fiamme, ma si sarebbe liberata di due indiziati imbarazzanti, e dell’obbligo di arrivare a un processo con prove così risibili.
– Gli unici ad aver mantenuto un comportamento esemplare in tutta questa storia sono i due marò, che – lo ricordiamo – hanno rifiutato un seggio in Parlamento allora offerto dall’onorevole La Russa che, con l’immunità parlamentare,li avrebbe sottratti ai procedimenti in corso.
A me pare che i due abbiano tenuto alto, con il loro comportamento , l’onore della Marina Militare e del Paese tutto. Che invece, per conto loro non hanno fatto il possibile per difenderli, e nulla per accertare la loro innocenza. Ci siamo comportati, noi giornalisti compresi, come quei genitori che non negano i soldi ai figli, ma solo per compensare il poco tempo che gli dedicano.
– Se lo puoi dire, qual è il segreto dei due marò?
Ce ne sono molti di segreti, in questa storia. Ma il principale è un segreto di Pulcinella, che sta sotto gli occhi di tutti e nessuno vuole vedere: i due marò non hanno ucciso i due pescatori. Solo che per difendersi davanti a un tribunale dovranno aspettare sei anni, quasi una pena anticipata: i quasi quattro anni già trascorsi e altri due anni in cui la corte arbitrale de L’Aja discuterà di diritto internazionale e di giurisdizione.
– Quanto pesano i rapporti commerciali Italia – India in questa storia?
Hanno pesato soprattutto le commesse militari. Potevamo pensare di mantenere buoni rapporti con il primo compratore di “merci” militari al mondo, l’India, alzando la voce sui marò ? Sta di fatto che il business è continuato, Finmeccanica è uscita dalla quarantena ufficiosa seguita allo scandalo Agusta. Il business “civile” non era vistoso prima di questa vicenda, e certo ne ha un po’ sofferto. Basti andare a Expo 2015 a Milano: non c’è un padiglione India, manca all’appello il secondo paese al mondo per popolazione e uno dei protagonisti delle sfide alimentari… c’è un padiglione del riso basmati, con un’università privata, ma il governo indiano ha preferito disertare l’appuntamento.
Roberto De Nart