“Il ritorno della Russia e la crisi del mondo liberale” è il titolo della conferenza che si terrà sabato 17 novembre alle ore 17.30 al teatro del Centro Giovanni 23mo di Belluno per la rassegna culturale i Grandi incontri di Liberal Belluno ideati da Rosalba Schenal, presidente dell’Associazione.
Ecco l’intervista al professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, relatore insieme al dottor Giuseppe D’Amato.
Professor Parsi, nel quadro internazionale vi sono, a suo parere, delle ragioni cogenti che spingono verso la guerra le due superpotenze Usa Russia?
Verso la guerra mi sembra eccessivo. Non c’è però dubbio che Mosca sta assumendo ed ha assunto iniziative importanti: la militarizzazione dell’Artico (la base aerea Trifoglio del Nord), del nord Europa (potenziamento base Alakurtti al confine finnico), il potenziamento dei missili a Kaliningrad, le aggressioni in Ucraina con il sostegno alle “Repubbliche popolari del Dombass”, l’annessione della Crimea, i continui sorvoli sugli spazi di difesa aerea scandinavi e britannici… La Russia insomma si sta ponendo in una posizione di ostilità verso l’Occidente e di questo dobbiamo prendere atto.
In Italia vi sono 113 basi Nato. Non crede che in caso di conflitto Usa Russia noi diventeremo scudi umani della Nato?
Le basi ci sono perché noi siamo, liberamente, un Paese membro e l’Alleanza ci fornisce protezione. A meno che qualcuno non creda che una italietta neutrale possa essere più sicura da sola in un mondo come l’attuale. Semmai ci sarà un conflitto coi russi (cosa che tendo a escludere) sarà della NATO con la Russia, non degli USA soltanto…
La Nato è una monarchia assoluta a comando Usa. E’ realizzabile un’Italia neutrale, fuori della Nato?
Non è così. Nell”Alleanza le decisioni vengono prese per consenso. Significa che anche l’Islanda (che pure non ha un soldato) può porre il veto a una decisione. Ovviamente il peso specifico degli alleati conta. Ma questo non potrebbe essere diversamente in qualunque alleanza. Il neutralismo è un vecchio arnese, ricorrente nelle fasi di stanchezza del pensiero politico di questo Paese.
L’F35 è un jet che può essere armato con bombe nucleari B61-12 (Pare ve ne siano 90 pronte all’uso nelle basi Nato in Italia). Non crede che questa situazione subordini l’Italia alla catena di comando del Pentagono, azzerando di fatto il Parlamento?
Esistono precisi accordi internazionali bilaterali sull’impiego delle armi nucleari stoccate nel Paese. La loro presenza rende credibile il concetto di deterrenza. La catena di comando politica è sempre salva. Le decisioni tecniche spettano agli organismi tecnici, una volta ricevuto il consenso politico. Una volta dichiarato lo stato di guerra, il Parlamento esercita le sue funzioni in maniera diversa rispetto allo stato di pace, ovviamente. E meno male che ci sono gli F35, altrimenti saremo vulnerabili a chiunque.
Sabato 17 novembre alle ore 17.30 al teatro del Centro Giovanni 23mo di Belluno tornano i Grandi incontri di Liberal Belluno ideati da Rosalba Schenal, presidente dell’Associazione. Si parlerà della Russia e la crisi dell’ordine liberale con il professor Vittorio Emanuele Parsi docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, e con Giuseppe D’Amato, giornalista, scrittore e storico italiano, specialista in questioni della Russia e dell’ex Unione Sovietica.
Abbiamo contattato il dottor D’Amato per rivolgergli alcune domande sull’attuale situazione tra le due storiche potenze antagoniste Stati Uniti e Russia.
Nel 2002 gli Usa con Bush figlio escono dal Trattato ABM quello che incatenava le due potenze a non costruire nessun sistema antibalistico, così nessuno dei due avrebbe attaccato l’altro. Lo scorso settembre Putin dichiara di possedere missili da crociera veloci 10 volte la velocità del suono, non intercettabili, missili intercontinentali a propulsione nucleare veloci 20 volte la velocità del suono, e droni sommergibili nucleari veloci 200 km/h in profondità. Così il vantaggio Usa è annullato. Possiamo stare tranquilli per un po’ di anni, perché nessuno oserà attaccare l’altro?
Il progresso tecnologico rende necessario il cambiamento dei trattati sul controllo degli armamenti e sul disarmo. Lo stesso vale per considerazioni di carattere geopolitico o semplicemente economico. L’uscita Usa dall’ABM, annunciata alla fine del 2001, non ha precluso la successiva firma del SORT nel maggio 2002 sul taglio delle testate nucleari strategiche e l’accordo di Pratica di Mare, negoziato dall’Italia, con la creazione del Consiglio NATO-Russia.
Gli esperti militari occidentali dubitano che in realtà la Russia abbia realmente sviluppato le armi che Vladimir Putin ha dichiarato di possedere.
L’arsenale nucleare serve soprattutto per confermare lo status di grande potenza e non è utilizzabile, se non parzialmente, sui campi da battaglia.
Oggigiorno bastano pochi sommergibili nascosti sotto agli oceani per cancellare mezzo mondo. Non esistono difese.
Sul fronte europeo assistiamo ad un allargamento della Nato con una stretta verso la Russia. La crisi ucraina, il Medio oriente, l’Estremo oriente con la crisi Nord coreana. E’ un passaggio necessario per rendere più efficiente il sistema antibalistico degli Usa per riuscire a colpire più da vicino i missili sovietici? La Russia del resto può disporre solo della Siria come base straniera
L’allargamento della NATO in Europa è conseguenza della sconfitta dell’Urss nella Guerra Fredda. Il mondo delle sfere d’interesse se n’è andato con la fine del “secolo breve”, il XX secolo. Il Cremlino non ha ancora digerito questa realtà, ma al tempo della globalizzazione non si può imporre a Stati sovrani di non fare liberamente le proprie scelte in campo economico, militare e geopolitico. Fondamentale è però gestire saggiamente questi processi in corso, rispettando le sensibilità altrui.
Ripeto, il progresso militare non permette oggi di intercettare il lancio contemporaneo di numerosi vettori. E quelli russi sono missili ultra-sofisticati!
Il futuro è rappresentato dall’ancora più elevata militarizzazione dello spazio, un aspetto che ridimensiona certi posizionamenti sul terreno.
La Lettonia sta costruendo una recinzione metallica di 90 km, alta 2,5 metri, lungo il confine con la Russia con un costo previsto di 17 milioni di euro. Una analoga recinzione di 135 km viene costruita dalla Lituania al confine col territorio russo di Kaliningrad. L’Estonia ha annunciato la prossima costruzione di una recinzione, sempre al confine con la Russia, lunga 110 km e alta anch’essa 2,5 metri. Costo previsto oltre 70 milioni di euro probabilmente finanziati dall Ue. L’efficacia militare è nulla. Siamo in presenza di un simbolismo mediatico per giustificare l’escalation contro la Russia?
I Paesi baltici hanno vissuto mezzo secolo di occupazione sovietica. Le misure da Lei menzionate servono dal punto di vista mediatico per tranquillizzare le opinioni pubbliche nazionali in presenza di una forte minoranza russofona sul territorio e sono dettate come risposta alla cosiddetta “guerra ibrida”, non per niente la NATO ha dislocato sue basi con armamento leggero nelle repubbliche baltiche ed in Polonia non troppo lontano dai confini con la Russia.
Quanto è avvenuto nel 2014 e sta avvenendo in Ucraina orientale terrorizza i Paesi ex satelliti del Cremlino. Non dimentichiamo che in Donbass sono già morte più di 10mila persone secondo i dati delle Nazioni Unite.
Roberto De Nart
Presentazione a cura di Rosalba Schenal
Articolo Giornale post-incontro
I LIBRI
VITTORIO EMANUELE PARSI
Titanic
Il naufragio dell’ordine liberale
A partire dagli anni Ottanta, l’ordine globale neoliberale ha sostituito l’ordine liberale che governava il sistema internazionale dal secondo dopoguerra. Analogamente al Titanic, il mondo è stato portato su una rotta diversa e più pericolosa da quella segnata dall’incontro e reciproco bilanciamento di democrazia e mercato. Davanti ai nostri occhi si erge minaccioso un iceberg, le cui quattro facce si chiamano: declino della leadership americana ed emergere delle potenze autoritarie di Russia e Cina (sul cui sfondo si stagliano la crisi nordcoreana e quella mediorientale); polverizzazione della minaccia legata al terrorismo; deriva revisionista della presidenza Trump; affaticamento delle democrazie strette tra populismo e tecnocrazia. Nonostante le sue difficoltà, solo l’Europa può ancora contribuire a ristabilire la rotta originaria, ma a condizione di vincere la battaglia più difficile, quella interna: per riequilibrare la dimensione della crescita e quella della solidarietà.
Imbroglio slavo. La crisi russo-ucraina
Giuseppe D’Amato,Dmitrij Durnev
descrizione
Dopo le due “guerre” del gas, con mezza Europa lasciata al freddo in pieno inverno nel primo decennio del nuovo secolo, la crisi russo-ucraina ha avuto un tragico aggravamento che ha provocato la morte di migliaia di persone. Le sue ripercussioni si sono fatte sentire ben oltre i confini dell’ex Unione Sovietica, tanto che la pace e la sicurezza nell’intero Vecchio Continente non sono più un qualcosa di certo. I due autori hanno raccolto testimonianze, scrivendo ritratti ed interviste, utili a comprendere gli eventi e le tematiche al centro del dissidio. L’approccio utilizzato è stato quello più neutrale possibile, tentando di rimanere al di sopra delle parti. Giuseppe e Dmitrij hanno il sogno di assistere insieme ad una partita di calcio tra le loro squadre del cuore nell’avveniristico stadio “Donbass Arena’” di Donetsk in un’atmosfera di piena pacificazione.