Sabato 15 ottobre alle 17.30 nella sala teatro del Centro Giovanni 23mo in piazza Piloni a Belluno, per la rassegna I Grandi incontri di Liberal Belluno, si terrà la conferenza dal titolo “I servizi segreti, dall’antichità ai giorni nostri”. Relatori, il generale dei carabinieri Mario Mori, fondatore dei Ros, e Giovanni Fasanella, giornalista e scrittore, autore di vari libri di storia e politica italiana. Conduce l’incontro Franco Tosolini, ricercatore storico.
Anticipiamo l’appuntamento di sabato con l’intervista al generale Mori, già comandante dei Ros e direttore del Sisde (Servizio Informazioni per la Sicurezza Democratica).
– Generale Mori, oggi il pericolo più elevato è rappresentato dai possibili attentati dell’Isis. Va detto che in Italia per trovare fatti di sangue di matrice islamica bisogna risalire al 27/12/1985 e al 17/12/1973 con gli attacchi all’aeroporto di Fiumicino. In questi 30 anni i servizi segreti italiani hanno lavorato bene, oppure sono cambiati gli scenari e gli obiettivi?
L’Italia ha subito attacchi terroristici da parte dell’islamismo nel periodo contrassegnato dall’esplosione del conflitto arabo – israeliano. In questa fase dopo l’attentato allo stabilimento Siot di Trieste e i due attentati a Fiumicino, l’Italia, a seguito dell’attività dei Servizi che definirono l’accordo noto come Lodo Moro, non fu più oggetto di attentati. Anche i fatti connessi al dirottamento dell’Achille Lauro possono essere considerati compresi in un atteggiamento italiano conseguente agli accordi con i palestinesi. Per quanto concerne la più recente esplosione del terrorismo islamico, l’Italia ne risulta per ora indenne anche perché la sua storia, in specie quella coloniale, è diversa da quella di altri paesi europei quali Francia, Belgio e Inghilterra che hanno sul proprio territorio forti insediamenti di cittadini originari dai loro antichi possedimenti in Africa e Asia. Oltre a ciò da noi non si sono materializzate, per la diversa strutturazione della nostra società, quelle concentrazioni abitative di etnie professanti il credo mussulmano, quali ad esempio alcuni quartieri di Marsiglia o Bruxelles, che riproducono di fatto realtà proprie di un’altra civiltà. In questi ambiti si possono sviluppare situazioni di grave disagio sfruttabili ai fini dei gruppi terroristici rifacentisi alla fede islamica. In questo trentennio, favorita da quanto detto sopra, la nostra intelligence ha operato sufficientemente bene, anche perché supportati da un’eccellente attività delle Forze di Polizia.
– Nell’Italia del dopoguerra, a sovranità limitata per il “debito” contratto con gli Alleati, si ha l’impressione che l’azione dei servizi segreti sia stata bifronte. C’è chi ha lavorato per l’Italia, chi invece ha operato per sottometterla. Piazza Fontana a Milano (1969), Gioia Tauro (1970), Peteano (1972), Questura di Milano (1973), Piazza della Loggia a Brescia (1974), l’Italicus (1974), Ustica (1980), Stazione di Bologna (1980), Rapido 904 (1984). Tutte vicende poco chiare.
Poiché l’attività di tutti i Servizi è neutra, nel senso che il loro compito è quello di seguire le disposizioni del potere politico da cui dipendono esclusivamente e di cui applicano le direttive d’indirizzo, se colpe vi son queste sono da attribuire ai mandanti dell’attività non agli operatori. Ovviamente fatte salve le responsabilità che emergono da errori attribuibili ai singoli che vanno sempre censurate nelle sedi previste.
– Operazioni sotto copertura, agenti provocatori, operatività sotto falsa bandiera. Cosa ci può dire di queste tecniche.
Tutte le attività da lei citate sono strumenti operativi nella disponibilità dei Servizi d’intelligence e delle Forze di Polizia. La loro messa in atto sul terreno deriva da scelte a monte. Resta la considerazione che, nella fase attuale, senza la loro razionale applicazione, un’attività investigativa di considerevole impegno ha ben poche possibilità di riuscita.
– Un’ultima curiosità. 1985, governo Craxi, crisi di Sigonella. Tutti ricordano le immagini crudeli di quel signore in sedia a rotelle buttato in mare dai terroristi palestinesi. Perché nessuno ci spiegò che la vittima, Leon Klinghoffer, era in realtà il capo dei “B’nai Brit” ovvero il livello segreto del Mossad, i servizi segreti israeliani?
B’ nai Brit è un’organizzazione ebraica nata nell’ottocento, quindi precedente al Movimento sionista. Che la struttura , così come ogni altro organismo israeliano operante all’estero sia posto sotto osservazione dal Mossad mi pare scontato, ma questo non significa assolutamente che ne sia una sua proiezione segreta. Personalmente non ne ho cognizione e ritengo che per la sua attività il Servizio esterno israeliano operi con strutture molto meno esposte e quindi all’atto pratico più efficienti. Leon Klinghoffer non era noto ai sequestratori per un qualche legame con i Servizi di Israele, ovvero quale responsabile di una nota organizzazione collegabile allo Stato di Israele, in caso contrario sicuramente sarebbe stato sfruttato come prezioso ostaggio e non freddato immediatamente.