Dove siamo nell’universo ? Da Galileo alla cosmologia contemporanea
Piero Benvenuti
professore di Astrofisica delle alte energie Universita’ di Padova
dal libro: “”Il cielo stellato – Riflessioni tra astronomia e cosmologia”” di Piero Benvenuti
1.1 – Il fascino speciale del cielo stellato
Il cielo stellato ha sempre rappresentato per l’ Uomo, sin dagli albori della civiltà, uno spettacolo affascinante, di fronte al quale non è possibile rimanere indifferenti. Il fascino del cielo stellato è rimasto inalterato nel tempo, anche se oggi, a causa delle onnipresenti luci artificiali, è sempre più difficile, per l’ uomo moderno, poterlo contemplare con l’ assiduità naturale conosciuta dai nostri non lontani antenati. Molti altri spettacoli naturali possono generare in noi forti emozioni: un tramonto sul mare, le frastagliate vette delle Dolomiti illuminate dalle prime luci dell’ alba, una foresta, un prato fiorito … Non c’ è dubbio però che il cielo stellato, tra tutti gli spettacoli della natura, sia capace di scuoterci più profondamente, stimolando la riflessione sulla nostra natura e sul “senso” della nostra esistenza. Forse ciò è dovuto al fatto che, a differenza degli altri spettacoli naturali, il cielo è sentito come irraggiungibile, come “ultimo orizzonte” oltre al quale, al pari della siepe dell’ Infinito di Leopardi, non possiamo avventurarci se non con il pensiero. La sensazione di irragiungibilità e di estensione illimitata nello spazio e nel tempo, suscitata dalla visione del cielo stellato genera in noi una mescolanza di sentimenti di ammirazione, per l’ imponenza ed immanenza del Cosmo, e contemporaneamente di angoscia, nel momento in cui confrontiamo la nostra limitatezza con l’ infinità del cielo e ci chiediamo quale sia la nostra collocazione e il nostro ruolo nell’ Universo. Anche oggi, a chi riesce a riconquistare la visione del cielo stellato, quei sentimenti di ammirazione e di angoscia pongono con prepotenza domande fondamentali ed ineluttabili: Chi o che cosa ha generato tutto questo ? Perchè ? L’ Esistenza di miliardi di flebili luci era veramente necessaria ? C’è una relazione, e quale, tra la nostra esistenza, materialmente finita sulla Terra, e l’ esistenza del Cielo che ci sovrasta ? Come possiamo diventare pienamente “partecipi” dell’ Universo ?
Tutte le civiltà del passato hanno cercato di dare una risposta a queste domande.
“”…. e questa siepe che dell’ ultimo orizzonte il guardo esclude….””
Giacomo Leopardi – L’ Infinito
1.4 – 1609: Il cielo stellato apre i suoi confini …
E’ per questo motivo che quando nel 1609 Galileo Galilei punta per la prima volta il suo “cannocchiale” verso il cielo stellato e scopre che l’ ultimo orizzonte è in realtà diverso e più lontano di quello che l’osservazione ad occhio nudo ci aveva indotti a concepire, si apre una crisi profonda. In concomitanza, per opera dello stesso Galilei, di Copernico, Newton e altri, nasce la scienza moderna che deve il suo successo al nuovo “metodo scientifico sperimentale”, fondato sulla rigorosa, oggettiva e quantitativa osservazione dei fenomeni (che devono essere riproducibili) e alla loro interpretazione, altrettanto rigorosa, basata sì sull’intuizione geniale dello scienziato, ma sostenuta da strumenti matematici che permettono di predire nuovi fenomeni. La potenza del nuovo metodo è subito evidente ed entusiasmante: l’ ipotesi di Isaac Newton sulla legge della gravitazione universale, elaborata matematicamente per mezzo del calcolo infinitesimale (sviluppato dallo stesso Newton), permette di riprodurre teoricamente le tre leggi empiriche sul moto dei pianeti proposte da Keplero e di calcolare accurate predizioni sulle loro posizioni future nella volta celeste.
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