Declino italiano nella crisi mondiale
Maurizio Cabona
saggista e giornalista del Giornale
da “”DITELO A SPARTA Serbia ed Europa – contro l’ aggressione della NATO””
(Ed. Graphos) a cura di Maurizio Cabona
<< Soria e memoria >> di Maurizio Cabona
<< Ditelo a Sparta >>. Dite che alle Termopili del Kosovo la tenacia di pochi ha rallentato l’assalto di molti. I seicento caduti serbi nella Guerra dei settantotto giorni stanno ai trecento spartiati che arginarono la marea umana di Serse. Non lo sconfissero, ma frenarono la marcia del re persiano. Neanche i serbi hanno sconfitto, il presidente americano, per ora. La Repubblica Federale Jugoslava, che non si era piegata davanti all’ Unione Sovietica, ha resistito davanti agli Stati Uniti. La sovranità nazionale ha ancora un senso, se si è pronti a difenderla. Perdere una guerra è sempre più rispettabile che dichiararsi vinti in partenza. <<Ditelo a Sparta>>. Dite che quella contro i serbi e, a parole, per gli albanesi, è stata la guerra voluta da certi intellettuali americani angosciati dai ricordi delle loro famiglie, originarie della Europa centro-orientale. Costoro hanno stabilito che al mondo debbano esserci solo Stati interetnici. Ma nell’ angoscia, hanno fatto confusione: l’ omogenea Berlino ha prodotto Bismarck, a produrre Hitler è stata l’ interetnica (e balcanizzata) Vienna.
<< Alleanza non è sudditanza >> di Giulio Andreotti
Vi sono paesi che forse non hanno mai conosciuto i bombardamenti. E non mi riferisco agli americani, ma all’America; gli americani li hanno conosciuti, perché sono venuti per difendere l’Europa e nessuno di noi in Italia dimentica che forse, specie in un certo momento, sono stati più i morti americani che quelli italiani. Quindi non c’è nessun retropensiero nelle mie parole; c’è una continuità in quella che era l’ ispirazione della Nato, per la quale non credo possano valere differenziazioni né di prime, né di seconde, né di terze repubbliche. ….
<< Finis Jugoslaviae >> di Sergio Anselmi
I miei contatti diretti con la Jugoslavia di Tito e del dopo Tito risalgono all’autunno del 1949, dopo la rottura con il Cominform. Viaggio per nave da Ancona a Pola (e poi, in automobile, a Karlovac, Plitvice, Zagabria, Lubiana, Postumia) con una piccola delegazione socialista. La nave, un vecchio battello nero a carbone, costruito nel 1914, bene arredato all’interno, era l’unico mezzo che dall’Italia, una volta la settimana, andava in Istria. Quasi nessuno a bordo. Buona l’ accoglienza a Pola, pessima l’ impressione della città. Credo venisse trascurata perché << italiana >>. Su un muro la scritta << No alla borghesia, no alla burocrazia >>. Essa era formata da grandi lettere dipinte sul muro del vecchio ammiragliato, proprio davanti alla banchina ove sbarcammo. In sostanza: << No al capitalismo, no allo stalinismo >>. Accanto, ma più piccola una seconda scritta, che poi rivedemmo composta di grandi massi di pietra sulle colline istriane: << Siamo croati >>. Certo: ben trecentomila italiani se ne era- no andati e se ne stavano andando dall’Istria e dalla Dalmazia. Forte l’ impressione del divario tra funzionari politici e cittadinanza. ….
( …1955, 1956, 1957, 1966, 1967)
Estate 1968. Lavoro, come nel 1967, nell’ Archivio storico di Dubrovnik (Ragusa), il più importante di Jugoslavia per il basso medioevo e l’ età moderna. E bene attrezzato, ordinato, frequentato.
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Sul pennone più alto della fortezza, ben visibile, sveltola sempre una bandiera rossa con la scritta bianca << libertas >>. Pare sia la bandiera dell’ antica repubblica marinara: è noto che i ragusani erano, come gli olandesi, < carrettieri del mare > e vendevano di tutto, anche ai nemici, nonostante il motto enfatizzato << Non pro toto libertas venditur auro >>. I veneziani chiamavano la città << repubblica delle sette bandiere >>, perché doveva stare con tutti, essendole obbiettivamente difficile poter resistere a ottomani e cristiani che avessero voluto prenderla; Venezia vigilava occhiutamente dalle vicine Curzola e Cattaro, i turchi lo facevano da Trebinje. Ma, tornando alla bandiera della fortezza, si dice anche (sottovoce) che essa esprima la volontà di uscire dalla Federazione jugoslava. Anzi a questo proposito, qualcuno pensa a una possibile ricostituzione dell’ antica repubblica perennemente neutrale, zona franca della Europa verso i Balcani.
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