Una terra, un fiume, una famiglia e un vino: il raboso. Sullo sfondo il ‘900 in Veneto, con le due Guerre mondiali e la ricostruzione. Edoardo Pittalis, giornalista, scrittore, storico, editorialista del Gazzettino, ritorna a Belluno giovedì 3 marzo alle “Conversazioni in Taverna” dell’Associazione Liberal in via Cipro, 7 alle ore 19, per presentare il suo ultimo libro “Rossopiave Una famiglia e un vino Un fiume e una guerra” (Biblioteca dell’immagine editrice, pag.204, 14 euro). Serata con degustazione del Raboso doc Bonotto Delle Tezze, segue cena facoltativa (15 euro) su prenotazione ai numeri 0437 26839, 0437 25192
L’intervista
Dottor Pittalis, l’artificio del manoscritto ritrovato è un espediente noto nella narrativa. Lo ha usato Manzoni nei Promessi Sposi, Cervantes nel Don Chisciotte. Quelle buste chiuse da cent’anni e l’agenda appartenuta al fratello del nonno di cui parla Antonio Bonotto nella presentazione sono state davvero la fonte per la nascita del libro?
“Il manoscritto esiste realmente, era in uno scatolone mai aperto per quasi cento anni e riemerso un anno fa. C’erano lettere, fotografie della famiglia Bonotto e quei fogli del calendario dell’autunno 1918 sui quali il tenente Antonio Bonotto aveva annotato gli avvenimenti cruciali tra fine ottobre e primi di novembre, proprio quelli della battaglia di Vittorio Veneto e che precedono l’Armistizio.
In quelle carte c’era la Storia, la grande e la piccola storia, gli avvenimenti che restano nei libri e i tanti che costituiscono la vicenda di molti uomini e donne coinvolti, anche loro malgrado, nella storia. Emergono problemi e passioni, eroismi e egoismi. E’ un modo di guardare la storia dal basso, dalla parte degli umili e dei vinti, di coloro che devono soltanto obbedire e non hanno possibilità di opporsi, che se vanno all’assalto hanno il nemico di fronte, se si fermano hanno le mitragliatrici dei carabinieri alle spalle, se si bloccano nella terra di nessuno hanno comunque la morte davanti.”
La famiglia Bonotto e il vino Raboso sono i protagonisti del libro. Come si sviluppa il racconto?
“Il rosso è sia il vino Raboso del Piave, sia il sangue che macchia il fiume nei giorni più tragici. Il raboso è il vino più antico del Veneto, si coltiva da migliaia di anni, è stato il vino per eccellenza della Serenissima, imposto nella dieta dei marinai, raccontato da Goldoni nella Villeggiatura, vino dei veneziani tra fine Ottocento e nuovo secolo. Vino della guerra, distribuito ai fanti in trincea, spesso perfino con generosità. Raccontare il vino è anche raccontare la nostra storia. C’è stato un lungo periodo in cui, come scrive Arrigo Cipriani nella prefazione, c’era un Veneto da raboso e polenta.”I Bonotto coltivano vigne che danno raboso da sei secoli e continuano. La generazione attuale ha fatto del vino un mestiere e un’arte, con rispetto della tradizione e con rispetto dell’ambiente. Non si sono spostati in questi secoli che di seicento metri, dal villaggio dove è incominciata la loro storia a Tezze sul Piave dove continua. Le radici sono lì”.
L’incipit del libro sembra la scena di un film di Pupi Avati, con la foto dei commensali per l’elezione a deputato del professor Edoardo Ottavi.
“Il libro parte da un banchetto all’aperto con quasi trecento commensali proprio alla fine del 1913, sarà l’ultima grande festa prima che scoppi la tragedia che infiamma il mondo intero e si trasformerà in tragedia nella Sinistra Piave. E’ un anno cruciale anche per il Veneto, terra fino ad allora di grande emigrazione. Un anno e mezzo dopo sarà la regione della guerra, il fronte della Grande Guerra sarà interamente in quello che oggi chiamiamo Nordest. Sarà militarizzato, occupato, invaso, devastato”
Come è cambiato il tessuto sociale del Veneto dall’inizio del secolo scorso?
“Quel Veneto è distante ben più di cento anni, era disegnato dall’annessione al regno d’Italia, viene ridimensionato dopo la Guerra quando nasceranno le Tre Venezie. Nel 1945 sarà un altro Veneto ancora, differente, pronto per una trasformazione totale., Nessuna regione italiana ha registrato alla fine del Novecento la rivoluzione economica e sociale del Veneto. Da terra di emigranti è diventata terra di migranti, da povera ha raggiunto un benessere diffuso che ne fa una delle aree più dinamiche e più ricche non solo d’Italia ma di tutta Europa. Nordest locomotiva d’Europa. Certo c’è stata e c’è ancora una crisi mai vista, ma queste zone hanno retto meglio che altrove, Anche se hanno pagato un prezzo altissimo, penso ai suicidi di imprenditori piccoli e grandi, di artigiani, di operai rimasti senza lavoro. Il fallimento della fabbrica preso come fallimento non solo di una vita, ma quasi di una religione del lavoro. Ma penso che stiamo uscendo dal tunnel”.
Nei suoi libri si è sempre occupato del Veneto, una regione che conosce bene. Riuscirà a rialzare la testa anche questa volta?
“In queste settimane stanno uscendo col Gazzettino in edicola i miei volumi “Dalle Tre Venezie al Nordest”, tre volumi, aggiornati alla fine del 2015. Raccontano un secolo della nostra storia, le trasformazioni, le guerre, le conquiste, la strada lunga dalla polenta al benessere, la strada dei molti che hanno costruito il Nordest di oggi. Non a caso i libri chiudono con la storia di Valeria Solesin, la giovane ricercatrice veneziana uccisa dai terroristi islamici a Parigi. Valeria come specchio di un Veneto che non si arrende”.