MADRI E FIGLI NEI PAESI ALTI
Antonio G. BORTOLUZZI
Tullio FRANCESCHINI
psicoterapeuta, psichiatra, criminologo
Locandina dell’incontro
Invito dell’incontro
Articolo Giornale pre-incontro
Presentazione a cura di Rosalba Schenal
Ho letto anche i precedenti lavori di Antonio, ma ho particolarmente apprezzato l’ultimo, “ Paesi Alti “. L’autore descrive in modo delicato, ma incisivo i protagonisti e i loro sentimenti. Il ragazzo timoroso e convinto che la madre sia cattiva con lui, poi col tempo capirà, e la madre donna austera, portatrice di grandi fatiche e di segreti, che gli insegna, con determinazione, la dignità e l’onestà, le uniche loro ricchezze. Questo insegnamento è il fulcro del libro !
Antonio BORTOLUZZI è nato a Puos d’Alpago e vive a Farra.
Si è fatto conoscere al grande pubblico, come uno dei più apprezzati scrittori di montagna nel 2013 con “ Vita e morte della montagna “. Due volte finalista al Premio Italo Calvino.
Tullio FRANCESCHINI, medico chirurgo specializzato in Psichiatria e Criminologia clinica, psicoterapeuta.
Ha lavorato per molti anni in varie strutture psichiatriche pubbliche anche in qualità di Responsabile di Servizio, attualmente è libero professionista e collabora con vari Tribunali per perizie.
Biblioteca
L’ANIMA DELLA MONTAGNA
Negli anni Cinquanta, in certi borghi sperduti di montagna, tutto è immobile sotto distese di neve che sembrano non sciogliersi nemmeno d’estate. Le parole boom economico, lì nei Paesi alti, non hanno alcun significato. Allora si emigra, si lavora la terra, si allevano bestie e si risparmia su tutto, anche sulle parole.
Paesi alti narra la storia del giovane Tonìn, di sua madre, della comunità che li circonda e avvolge. Una storia che dà voce alle cose non dette e che rimangono per sempre in fondo all’anima.
PREMIO C.A.I. LEGGIMONTAGNA 2015
(3° classificato): “Rappresentazione suasiva di una montagna e di un mondo che non esistono più, resa con autentico tono popolare anche nella struttura narrativa e nei dialoghi, alternati con momenti di riflessione che danno profondità psicologica al protagonista e all’ambiente. Senza intenti didascalici o elementi artificiosi, la quieta e faticosa solidarietà umana dell’Alpago viene descritta dall’autore con partecipazione affettuosa e una sottile nota di nostalgia”. Tolmezzo, settembre 2015.
L’ABBANDONO E IL RITORNO ALLA MONTAGANA
Nessuno era riuscito a cacciarli via. Non la povertà dell’Ottocento, né il massacro delle due guerre mondiali. Non la miseria del dopoguerra, né l’emigrazione. Non erano state la fame, le malattie, le alluvioni e nemmeno i terremoti.
Se n’erano andati dalla loro montagna perché l’avevano voluto, uno alla volta, lungo la strada asfaltata. In fondo alla valle c’era qualcosa alla portata di tutti.
Il lavoro. Il benessere. E pareva meglio di quanto avessero mai avuto.
Vita e morte della montagna è la storia di un abbandono, è la storia di intere generazioni sradicate dalla montagna, per un sogno alla fine disatteso. È una storia di fughe e ritorni alla propria terra, mai narrata prima.
L’INDICE DEI LIBRI
“Bortoluzzi racconta con sofferente pietà e straordinario vigore espressivo la fine dolorosa di un’epoca di cui non tutto è da rimpiangere, ma di cui qualcosa avrebbe dovuto essere salvato. Un romanzo forte, intenso e direi necessario”.
STORIE DAI MONTI DELL’ALPAGO
In Cronache dalla valle c’è la storia di Ciano che è solo un ragazzo ma quando cavalca Spagna, la sua cavalla, si sente un uomo e di suo nonno che ha deciso di farla ammazzare perché è troppo vecchia. E quella del partigiano Cencio, detto Fulmine, cui tocca giustiziare una spia e nessuno sa che il prigioniero è suo paesano. E della signora Amelia, che ha preparato tutto fin nei minimi particolari prima di salire sulla sedia e recitare il Padre Nostro. C’è la storia di Iaco Dei Siori che corre tra le viti slacciandosi le braghe, e di Maria, sua figlia che è andata a servire a Venezia e ogni mattina quando si sveglia sente la puzza del mare che è mille volte più forte dell’odore delle vacche e delle pecore e anche dei maiali. E quella di Lisa che osserva il vecchio Silvio steso dentro la bara, sbarbato e in ordine come non lo è mai stato, e tutti dicono che era un brav’uomo e solo lei sa cosa le ha fatto quando era solo una bambina e badava alle galline.
Questi sono solo alcuni dei personaggi delle sedici storie che raccontano un’isolata valle montana negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento con la sua gente, le bestie, la terra, il lavoro e tutta la vita bastarda e bella.
Sedici racconti: brevi come carezze, brucianti come schiaffi, forti come risate.
PREMIO ITALO CALVINO
XXI Edizione: “La giuria decide inoltre di segnalare l’opera di Antonio G. Bortoluzzi per la precisone stilistica e la spregiudicatezza di sguardo su una claustrofobica
Le Foto dell’incontro